Nota (davvero) seria
“Ho volutamente omesso di raccontare la provenienza di Kovu, la nascita e la decisione di adottarlo. Sia per rispetto delle proprietarie della madre, che non sanno di questo articolo e sono persone davvero in gamba, sia perché non volevo focalizzare l’attenzione sui giudizi che questa parte della storia sui cani disabili avrebbe inevitabilmente attratto.
Però una cosa mi sento in dovere di dirla: se siete proprietari di una femmina, pensateci non una, ma mille volte prima di farla accoppiare (o non prendere le precauzioni adeguate per impedirle di farlo). Una gravidanza è una cosa seria, impegnativa, faticosa. Le complicazioni non sono così rare quanto si creda, la selezione è importante, le malattie trasmesse geneticamente sono terribili, perché possono rovinare le vite dei cuccioli e degli umani che si occuperanno di loro.”
È la seconda volta che scrivo questa storia. La prima volta, infatti, l’ho cancellata appena finita.
Avevo provato a raccontare la storia di Kovu, il mio meticcio setter inglese-mix lupetto di un anno e qualche mese, in modo classico, un evento dietro l’altro dalla sua nascita fino ad ora.
Il problema è che mi era venuto fuori proprio l’articolo che non avrei mai voluto che uscisse.
La vita con i cani disabili ha dei lati negativi, non lo voglio assolutamente negare, ma questa non vuole essere una storia che lascia spazio a pietismi o magoni.
Kovu è un cane felice, estremamente felice.
È davvero convinto che il mondo sia una cosa bellissima, dove tutti sono amici e tutto è bello (e noi – io, il mio compagno e l’altro cane di casa – glielo lasciamo credere!). Proprio per questo, una storia triste, fatta di malinconie e “poverino” non gli si addice per niente.
Cose brutte
Ora, poiché nella cronologia della sua vita ci sono delle cose tristi, ho deciso di comprimerle tutte qui all’inizio, per lasciare molto più spazio a quello che lui è per noi.
Kovu è cieco, a causa di un gravissimo problema neurologico.
Infatti ha, da referto, una “patologia malformativa caratterizzata da idranencefalia”.
Tradotto, non ha il cervello, se non poco meno di un millimetro di corteccia nel solo emisfero sinistro. È anche affetto “da displasia delle anche, con difficoltà motoria”.
Dopo qualche giorno che, da cucciolo, è entrato a pieno ritmo nelle nostre vite, i neurologi ci avevano detto che mai e poi mai avrebbe potuto apprendere, comunicare, avere memoria, camminare bene, vedere il mondo, vivere una vita.
In realtà, Kovu è quasi normale. Diciamo normale a modo suo, “diversamente cane”.
Comunica, impara, sa comportarsi in modo adeguato alle situazioni, memorizza tutto, compensa la cecità con gli altri sensi.
Certo, non cammina in modo proprio elegante, ogni tanto si perde nel suo mondo immaginario, tende un pochino all’ipercinesi e all’ansia, altre volte cade, fa fatica a rialzarsi e gli fanno male le zampe o ringhia a nemici che esistono solo nella sua testa.
Ma non è questo l’importante.
L’importante è che Kovu, alla faccia delle diagnosi mediche, stia crescendo, sia felice, ami la vita e tutte le opportunità che questa ha da offrire.
La disabilità come risorsa
Abbiamo cominciato ad informarci già da prima del suo arrivo, quando ancora pensavamo fosse “solo” cieco, per non trovarci impreparati.
Ho scritto ad un’infinità di colleghi, più o meno formati sull’argomento. Uno di questi mi ha prestato un bellissimo libro sui cani disabili e, dopo averlo letto, ho pensato bene di passare un paio d’ore al telefono con l’autore, che ringrazio tutt’oggi.
Così come ringrazio un altro collega che condivide la sua vita con un cane cieco e che mi è stato veramente tanto d’aiuto, anche se forse non si rende conto di quanto.
Ero sinceramente curiosa quando è arrivato.
E sono curiosa anche oggi quando lo osservo muoversi nel mondo. In brevissimo tempo ho capito che qualsiasi dubbio su una sua crescita equilibrata, era solo un problema mio e molto umano.
Siamo noi umani a preoccuparci per quello che non abbiamo e che vorremmo avere, anziché concentrarci su come sfruttare al meglio le risorse che possediamo.
Lui stava bene, si orientava perfettamente nel mondo.
Era un mostro nel seguire le piste (di selvatici, cani, umani, biciclette, automobili, qualsiasi cosa!), schivava il 90% degli ostacoli, giocava con Nala, la mia femmina di cane lupo cecoslovacco di 4 anni, come qualsiasi cucciolo di due mesi avrebbe fatto.
Mentre io mi dispiacevo per tutto quello che non avrebbe visto, lui imparava a godere di ogni opportunità che il mondo aveva da offrirgli.
Era felice nel gioco, felice nel conoscere persone e cani nuovi, felice nel raccogliere un bastoncino in bocca, felice nel portarmelo, felice nel mangiare, felice perfino nel dormire.
Era felice sempre (o quasi).
Gallery
Esperimenti e scoperte
Ovviamente, il mondo non è fatto di sole cose felici per nessuno, neppure per Kovu.
Ma lui ha questo dono stupendo di ridimensionare qualsiasi problema.
È stato capace di cadere da due metri e mezzo di altezza, rimanere immobile qualche secondo confuso e poi iniziare ad esplorare felicissimo di aver scoperto un nuovo uliveto, in cui non era mai stato.
E noi, a questo dono, ci siamo aggrappati per lavorare sul suo agio emozionale.
Nala ci ha aiutato molto, è diventata subito un solido punto di riferimento per lui e le ho insegnato a cercarlo e recuperarlo su richiesta, nel caso si perdesse.
Gli abbiamo anche insegnato molto chiaramente le (due) strade attorno a casa.
Stiamo in aperta campagna, senza recinzioni e senza passaggio di automobili.
Così, quando c’è qualsiasi cosa che non gli torna e non ci trova, lui corre a casa e ci aspetta nell’aia davanti alla porta. Sapere di poter tornare a casa è una sicurezza per lui e per noi.
La nostra comunicazione è, per forza di cose, basata esclusivamente su suoni di vario tipo.
Kovu conosce parole importanti, di cui si fida molto, come “attento!” o “cane!”, ma conosce anche suoni che gli indicano la direzione da prendere (come “diquadiquadiquadiqua”, ripetuto finché non ci trova) e suoni di avviso di quello che sta per succedere (“cibo”, “usciamo”, ecc.).
Infine, Kovu adora trasportare (e uccidere scuotendo) gli oggetti. Lo adora a tal punto che il cane più felice del mondo è Kovu quando porta una busta della spazzatura al cestino. O una scarpa al babbo appena sveglio. O il suo peluche preferito in gita per i boschi.
Anche questo ci ha aiutato, perché è più facile superare delle piccole difficoltà con l’amico maialino in bocca.
Questo è solo una piccolissima parte del lavoro che abbiamo fatto, che comprende anche dei punti di riferimento fissi, altri variabili, un gran lavoro su tutti gli altri sensi, l’invenzione di nuovi giochi adatti a lui, e tanti altri esperimenti.
Piccoli grandissimi successi
Anche Kovu ha fatto un grande lavoro su di noi, comunque.
Sembra una frase da Bacio Perugina, ma spesso noi umani facciamo davvero fatica a gioire delle piccole cose. Kovu, invece, ci ha insegnato a vivere di piccoli successi, quando anche una scalata di letto, evitare un ostacolo o una marcatura al posto giusto fa piangere di gioia.
Kovu non è “poverino”, come mi hanno detto in molti, Kovu è un maestro.
Kovu insegna a superare i propri limiti fisici con una forza dirompente, a gioire (ma di vera gioia, sincera) per un bastoncino da rosicchiare o per riuscire ad alzare una zampa per fare pipì.
Insegna anche che non esistono ostacoli, se non nella nostra testa, perché la sua vita è totalmente appagante e chi l’ha conosciuto lo sa bene.
Faccio un po’ fatica, in effetti, a spiegare a parole cosa renda Kovu così positivo. E non stento a credere che qualcuno possa pensare che me lo stia immaginando io e che non lo sia realmente.
Tante persone, anche colleghi bravi, hanno avuto questo dubbio, ascoltando la sua storia. Ma poi l’hanno incontrato e hanno vissuto la sua allegria e voglia di vivere.
Perché Kovu, oltre a essere esuberante e felice, è anche contagioso.
Seguici su