Il canile ancora oggi è un argomento che suscita nelle persone sentimenti contrastanti. Viene troppo spesso visto come struttura “problema” e, quindi, affrontato con un approccio eccessivamente sanitario e/o protezionistico.
L’intento verso cui dovremmo orientarci, invece, è quello di attribuire al canile il suo effettivo valore sociale come centro di valorizzazione del rapporto con il cane. Non dev’essere visto come luogo di mantenimento, ma come centro formativo per i suoi ospiti.
Come siamo arrivati ai canili di oggi
Per molti anni, le poche leggi o regolamenti che avevano come oggetto i canili erano orientati alla sola tutela della salute pubblica, senza riservare alcuna attenzione alle esigenze o al benessere dei cani ospitati.
Le strutture stallavano i cani per pochi giorni, prima dell’eutanasia, e venivano posti fuori dal centro città.
È stato necessario aspettare il 1991 affinché le cose cambiassero, quando, grazie alle pressioni esercitate dalle associazioni animaliste, è stata approvata la legge 281, che aveva l’obiettivo di risolvere il problema del randagismo e dell’abbandono.
Tra i vari provvedimenti, si stabiliva che l’eutanasia poteva essere effettuata solo in caso di malattie incurabili o comprovata pericolosità del soggetto e che dopo due mesi di permanenza nel canile sanitario, i cani custoditi dovevano essere affidati ad altre strutture.
Siamo passati, quindi, da una struttura meramente sanitaria ad un vero rifugio, orientato al mantenimento del cane.
Nonostante le finalità e gli scopi di cui si faceva promotrice la legge 281, il fenomeno del randagismo non è diminuito e molte strutture sono sovraffollate e/o mal gestite.
Il canile responsabile
Eppure, gran parte dei canili italiani sta iniziando a muoversi in modo ragionato su due direzioni:
- favorire delle adozioni responsabili;
- svolgere un servizio di prevenzione e di informazione nei confronti della comunità.
Favorire delle adozioni responsabili, vuol dire evitare il sorgere di tensioni tra il cane e la sua nuova famiglia e, di conseguenza, evitare nuove rinunce di proprietà.
Per raggiungere questo scopo…
… si valuta l’indice di adottabilità di ogni cane, si individua la tipologia di pet-owernship migliore per ogni soggetto e si interviene, quando necessario, con un percorso educativo o rieducativo.
Quando un potenziale adottante si affaccia al canile, quindi, verrà valutata la sua situazione familiare e le sue aspettative, in modo da potergli proporre un cane adatto a condividere la vita con lui.
Poi, si organizzano dei momenti di incontro all’esterno o all’interno della struttura e verrà dato supporto educativo post-adozione.
Il canile, inoltre, dovrebbe essere punto di riferimento per tutte quelle persone in cerca di informazioni specifiche o in difficoltà, in quanto presidio capace di indirizzare le persone verso percorsi educativi, rieducativi o addestrativi specifici, esterni alla struttura.
Come raggiungere questo obiettivo
Molte strutture sono riuscite già a diminuire il numero di ospiti e a modificare la percezione delle persone nei loro confronti, agendo in modo multi-direzionale.
Il focus del lavoro è stato quello di garantire il rispetto del benessere psico-fisico del cane:
- Vanno fatte rispettare le varie normative che prevedono misure minime dei ricoveri in base al numero dei cani ospitati e quelle relative alle prassi igienico-sanitarie;
- Va garantito ai cani un numero adeguato di uscite quotidiane e, quando possibile, all’esterno della struttura;
- È importante continuare a stimolare le competenze sociali e comunicative degli ospiti, garantendo momenti di interazione tra conspecifici in aree adeguate a farli interagire in sicurezza;
- Si deve cercare di individuare alcuni ambienti nei quali svolgere lavori specifici, per i percorsi educativi.
Poi è stato doveroso modificare le aspettative dei cittadini nei confronti del canile, attraverso eventi informativi, porte aperte, attività specifiche con alcuni cani ospiti, incontri di promozione della cultura cinofila.
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